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sabato 7 giugno 2025

Random 2

Opera d'arte astratta con texture impasto pronunciate, che raffigura una transizione cromatica dal blu-verde scuro all'arancio-giallo e al celeste.

 

Sentire il Cielo, Respirare la Terra: Un Viaggio Sensoriale a Colpi di Spatola

Amici dell'arte, della contemplazione, e di tutto ciò che ci fa sentire vivi!

Dimenticatevi per un momento le descrizioni classiche. Oggi voglio invitarvi a fare qualcosa di diverso, un'esperienza quasi tattile davanti a un'opera che ho chiamato... beh, in realtà non ha un nome, o forse il suo nome è semplicemente ciò che vi fa sentire. E questo, per me, è il suo vero valore.

Guardate l'immagine. Non con gli occhi che analizzano, ma con quelli che percepiscono. Sentite la texture? Quasi potete immaginare la punta della spatola che graffia, distribuisce, accarezza la tela, lasciando dietro di sé una scia di colore denso, quasi commestibile. Ogni pennellata è una piccola scultura, un micro-paesaggio a sé stante che si unisce agli altri per formare un universo più grande.

Immaginate di toccare le sfumature di blu e azzurro in alto. Non sono piatti, vero? Sono onde, nuvole gonfie di colore, il vento che si muove nel cielo prima di un temporale estivo, o la calma profonda che segue. C'è un movimento intrinseco lì, una danza tra la luce e l'ombra, tra l'aperto e l'accogliente. È come guardare il cielo con gli occhi socchiusi, sentendo la sua immensità pulsare.

Scendete poi verso il punto di incontro, quel confine magico dove il blu cede il passo all'arancio e al giallo. Qui, il cielo si incendia. Non è un tramonto placido; è un'esplosione, un'energia primordiale che si sprigiona. Vedete le particelle di luce, i frammenti di sole che si dissolvono nell'atmosfera, tingendo ogni cosa di calore e passione. È l'ultima carezza del giorno, o il primo, timido saluto dell'alba, ma con la forza di una rivelazione.

E poi, tuffatevi nel verde profondo, nella parte inferiore dell'opera. Questa non è solo terra, è la vita che germoglia. Sono i campi mossi dal vento, le foglie degli alberi, le radici che affondano. C'è una profondità, un mistero in quel verde scuro, interrotto da sprazzi di luce, come i raggi del sole che penetrano nella fitta vegetazione. Sentite il profumo dell'erba bagnata, il respiro della natura che si espande.

Questo quadro è un inno alla percezione. Non vi dice cosa vedere, ma cosa sentire. Ogni singola traccia di colore è una nota in una sinfonia materica. È un promemoria che la bellezza non è solo nella forma perfetta, ma nella vibrazione, nell'imperfezione tattile, nella forza bruta del colore.

Non ho dato un nome a questa opera perché voglio che sia il vostro respiro, il vostro sospiro, il vostro "Ah!" silenzioso. Voglio che vi sentiate immersi, che il vostro sguardo si perda e si ritrovi tra quelle pennellate, come in un sogno fatto di pigmento puro.

Lasciatevi andare. Cosa vi sussurrano queste texture? Quale sensazione vi lasciano? Condividete la vostra "sensazione" qui sotto. Non c'è risposta giusta o sbagliata, solo la vostra unicità.

Con la spatola in mano e il cuore aperto,



Per l’ elaborazione di parti del contenuto è stato utilizzato l’ ausilio dell’IA Gemini.

~Mia.

giovedì 26 maggio 2022

Tramonto





Resiliente.

È una parola che indossiamo come un'armatura, un aggettivo che evoca immagini di fortezze inespugnabili, di querce secolari che sfidano le tempeste. Ma questa è una visione incompleta, forse persino ingannevole. La vera resilienza non ha il volto rigido della roccia che non si scheggia mai; ha la flessibilità elegante e tenace della canna che si piega al vento, ma non si spezza.

L'origine della parola ci svela il suo segreto. Viene dal latino resilire, che non significa "resistere", ma "saltare indietro", "rimbalzare". La resilienza non è l'arte di non cadere, ma la pratica di rialzarsi. Non è la capacità di non essere feriti, ma la volontà di integrare le proprie ferite in una forma nuova, spesso più forte e consapevole di prima.

Non Siamo Querce, Siamo Canne al Vento

Per molto tempo abbiamo confuso la resilienza con l'invulnerabilità. Abbiamo ammirato la quercia per la sua apparente forza, per il suo tronco massiccio che si oppone con orgoglio alla furia del temporale. Ma la fisica e la vita ci insegnano la stessa lezione: una forza troppo rigida, sottoposta a una pressione sufficiente, non si piega. Si frantuma. La sua forza è anche la sua più grande debolezza.

L'anima resiliente, invece, assomiglia più a una canna, a un bambù. Non sfida la tempesta, ma danza con essa. Accoglie la forza del vento, si piega fino a toccare terra, permette alla pioggia del dolore di bagnarla completamente. Sembra sconfitta, arresa. Ma quando la tempesta passa, la canna, con una lentezza quasi impercettibile, si raddrizza. Non è identica a prima – forse è un po' più curva, un po' più segnata – ma è ancora lì, viva e intera. Ha capito che la vera forza non sta nell'opposizione, ma nell'adattamento.

Ubuntu (Filosofie Africane): La Forza della Comunità

In molte culture africane, la resilienza non è vista primariamente come una virtù individuale, ma come una forza collettiva.

  • Il Concetto: La filosofia di Ubuntu, riassumibile nella frase "Io sono perché noi siamo", è centrale. L'identità e il benessere dell'individuo sono inestricabilmente legati a quelli della comunità. Quando un individuo affronta una difficoltà, il peso non è solo suo, ma è condiviso e alleggerito dal gruppo. La resilienza è una rete di sicurezza sociale ed emotiva.
  • Il Proverbio: Un proverbio africano dice: "Un braccialetto da solo non tintinna". Significa che un individuo isolato ha poco impatto e poca forza, ma insieme, la comunità crea musica, sostegno e resilienza.

La Resilienza è un Verbo, non un Aggettivo

Infine, la resilienza non è una caratteristica statica che si possiede o non si possiede. È un processo attivo. È un verbo. È il praticare il ritorno.

È la scelta quotidiana di alzarsi dal letto quando il lutto sembra insopportabile. È il coraggio di riprovare dopo un fallimento. È la decisione di perdonare, non necessariamente per assolvere l'altro, ma per liberare sé stessi dal peso del rancore. È la capacità di trovare un significato anche nell'assurdità della sofferenza, di trasformare un "perché è successo a me?" in un "cosa posso imparare da questo?".

Essere resilienti è un dialogo continuo con l'avversità. È l'umiltà di chiedere aiuto, la pazienza di attendere che il tempo faccia il suo corso e la fede incrollabile nella capacità della vita di rigenerarsi, proprio come un bosco dopo un incendio, dove dal nero della cenere spuntano i primi, timidi, ma inarrestabili germogli verdi.

La resilienza è, in fondo, l'eleganza silenziosa di chi ha conosciuto il fondo, ma ha scelto di "saltare indietro", portando con sé la profonda, luminosa e dorata saggezza delle proprie ferite.

 

~mia.

Un Arrivederci, Non un Addio: Nuove Ali per le Nostre Storie!

Cari lettori, eccoci arrivati a un momento speciale, un crocevia nel nostro percorso qui sul blog con dominio personalizzato. Con un po'...